Diversificare le fonti di energia, cambiare il sistema produttivo: la mia intervista a "Il Momento"
Intervista al settimanale "Il Momento" a cura di Roberta Brunazzi
"La guerra in Ucraina somma al disastro umanitario enormi effetti dal punto di vista economico. Col rischio concreto che questi possano ripercuotersi anche sulla disponibilità di cibi e beni di primaria necessità"
Su questo aspetto si è concentrata l’interrogazione parlamentare urgente presentata dal deputato romagnolo Marco Di Maio al Ministro dell’Agricoltura Stefano Patuanelli. Abbiamo chiesto a lui qualche approfondimento sul tema.
Cosa ha posto in evidenza con l'interrogazione?
La necessità di assicurarsi che gli approvvigionamenti sugli scaffali siano garantiti, e che ciò avvenga a prezzi sostenibili. Anche in relazione al rincaro spa- ventoso registrato dalle bollette e dal prezzo dei carburanti. In questa direzione va il decreto approvato dal Governo nella serata di venerdì - spiega Di Maio - che taglia per la prima volta le accise, introduce misure straordinarie per aiutare le famiglie più bisognose, mitiga gli aumenti tariffari. E lo fa coprendo queste spese con una tassazione aggiuntiva e straordinaria degli utili incassati dalle grandi compagnie del settore energetico, che in questi mesi hanno speculato sul prezzo applicato a famiglie e imprese.
Siamo davvero entrati in una fase di "Economia di guerra?”
No, non siamo in una economia di guerra. Siamo in una fase di economia pesantemente condizionata da chi ha voluto questa guerra, invadendo senza alcun motivo uno Stato libero, democratico e incamminato verso l’integrazione in Europa.
Come affrontare questa fase?
Dobbiamo agire rapidamente, più di quanto fatto con i 17 miliardi di euro stanziati finora per contrastare il caro-bol- lette, senza i quali i costi esorbitanti di oggi sarebbero persino più esosi. Dobbiamo intervenire per sostenere il nostro sistema produttivo e limitare le conseguenze; dobbiamo diversificare le nostre fonti di energia; dobbiamo sforzarci di continuare a programmare e costruire il nostro futuro. Ma non siamo in una economia di guerra dove si devono razionare i prodotti, le merci, i beni di prima necessità: e non arriveremo a quel punto.
C’è chi parla di ritorno all’autarchia: cosa ne pensa?
La guerra di Putin contro l’Ucraina non è solo una sfida al governo democratico di Kiev, ma al sistema di valori a cui il popolo ucraino vuole avvicinarsi. Da anni, non da oggi: non dimentichiamo la rivoluzione arancione del 2004 e quella dai risvolti drammatici di fine 2013, inizio 2014: movimenti popolari che chiedevano già allora a gran voce l’ingresso in Europa, libertà e diritti civili e sociali, economia di mercato, democrazia. Tutte cose che cozzano con il modo di vedere il mondo della Russia di Putin e della Cina. Non penso vivremo un ritorno dell’autarchia, perché anche i governi più inclini a quel modello stanno capendo che non conviene a nessuno.
Per il territorio dell'Emilia-Romagna, quali settori economici possono ora diventare strategici?
La filiera agroalimentare ha un ruolo decisivo, ora più che mai. Per questo è importante aver creato un apposito fondo per sostenere in modo specifico questo comparto e aver creato le condizioni per evitare il blocco dell’autotraspor- to, che ha una valenza strategica per garantire gli approvvigionamenti delle merci sugli scaffali dei supermercati, ma anche per le forniture a tutti i comparti produttivi.
In Italia l’urgenza di reperire nuove fonti energetiche mette in secondo piano il tema dello sviluppo sostenibile. Esiste un modo per tenere in equilibrio tra loro questi due obiettivi, entrambi fondamentali?
Esiste eccome. Ma gli errori del passato, soprattutto ispirati da chi si è schierato per il “no” a qualsiasi tipo di investi- mento, ora ci pone nelle condizioni assurde di dover persino riattivare le centrali a carbone per evitare di andare in una crisi energetica senza precedenti. Dobbiamo continuare a investire sulla produzione da fonti rinnovabili, liberando i freni della burocrazia e delle autorizzazioni che spesso ne limitano lo sviluppo. Ma occorre anche rompere il tabù sul gas, che è imprescindibile per compiere una transizione ecologica sostenibile anche finanziariamente per imprese e famiglie. Azzerare la dipendenza dal gas russo, utilizzare i cospicui giacimenti che ci sono in Italia (e anche in Romagna, col distretto di Ravenna che è un’eccellenza nazionale nel comparto) e acqui- stare quello che ci serve da un maggior numero di fornitori. Non deve più succedere che il nostro gas dipenda per il 45% dalle esportazioni di un unico Paese, come è avvenuto fino a oggi con la Russia. Come stiamo tristemente notando, infatti, ne va anche della nostra libertà e della nostra sovranità.