Se la democrazia diventa oclocrazia a farne le spese sono gli italiani
Hanno iniziato con il mito della “democrazia diretta”, non mediata da corpi intermedi, rappresentanti delle diverse istanze degli svariati settori della popolazione; allo stesso tempo hanno perseguito con insistenza una delegittimazione proprio dei soggetti e delle istituzioni che la nostra Costituzione (come tante altre nel mondo occidentale) pone a garanzia della rappresentanza da una parte, e del funzionamento del meccanismo democratico dall’altra. Una delegittimazione che include la demolizione delle istituzioni europee e della moneta unica, usate come clave in campagna elettorale per raccattare voti - senza spiegare l'irreparabile danno economico che ciò comporterebbe per persone, famiglie e imprese - salvo poi virare su un inedito europeismo a cui non crede nessuno (del resto video e immagini sulle campagne anti-euro di Movimento 5 stelle e Lega non si cancellano) pur di provare a raggiungere Palazzo Chigi.
Questa diabolica strategia, portata avanti per anni, sta in questi giorni presentando i suoi risultati: uno scontro istituzionale senza precedenti nella storia repubblicana italiana, tra chi deve garantire il rispetto delle procedure, delle prerogative, delle “dinamiche istituzionali” e chi, appellandosi ad un non precisato "popolo", vuole a tutti i costi far saltare ogni schema, ogni regola, in nome di un cambiamento che al momento è solo costato milioni di euro per il blocco totale delle istituzioni (ferme da tre mesi) e miliardi di euro per le perdite registrate sui titoli in cui sono investiti i risparmi delle famiglie italiane.
Chiariamoci, la democrazia non è perfetta, ha più volte mostrato le sue lacune, i suoi problemi, i suoi paradossi; in particolare la democrazia rappresentativa, la nostra, quella che si fonda sulla rappresentanza di interessi, istanze, territori, veicolata tramite l’istituzione parlamentare e degli eletti che ne fanno parte, offre spesso il fianco a critiche più o meno fondate.
Tuttavia non è pensabile che far saltare tutto, a suon di urla, slogan e voti su piattaforme online di aziende private, possa essere la soluzione; non possiamo fare spallucce di fronte all’articolo 1 della Costituzione che parla, insieme e con la stessa enfasi, di “sovranità [che] appartiene al popolo” e di “forme e limiti” imposti dalla stessa Costituzione. Quando, appellandosi ad una ipotetica “volontà popolare”, si pretende di non dover più fare i conti con la complessità di uno Stato, di un sistema democratico, si sta giocando un gioco allo stesso tempo pericoloso e disonesto. I due partiti che da mesi, dopo aver ottenuto risultati elettorali positivi anche sulla base di promesse molto ambiziose, tengono in ostaggio l’Italia, lo sanno. Le capriole con cui stanno cercando di ribaltare le proprie responsabilità e buttarle sulle spalle del presidente della Repubblica, sono indicative solo della sete di potere, della voglia di essere osannati e portati sulle braccia di una folla di tifosi (che loro chiamano 'popolo'), sta rischiando di far crollare l’autorità delle nostre istituzioni, con conseguenze che non vogliamo nemmeno immaginare.
Questo non è un gioco, nel quale si può prendere il pallone e dire “no, io non ci sto più”. Qui si sta attaccando ciò che di più caro abbiamo: la nostra libertà, la nostra Costituzione, l'interesse del popolo italiano. Tutto, non solo quello che vota come piace a qualcuno.